"Sono matto per professione a volte divento un istrione amo gli animi dilettare il mio nome è Giullare"
Non sarò furbo come un volpe
E mi assumo volentieri le mie colpe
Voglio contenere tutto
E gestirlo male soprattutto
Sono matto per professione
A volte divento un istrione
Amo gli animi dilettare
Il mio nome è Giullare
Con un pizzico di spensieratezza
Porto agli uomini l’allegrezza.
Dall’alto del mio scranno
Vedo dei mortali il comun danno:
La scienza e la sapienza
Distruggono degli uomini l’essenza.
Si credono saggi
Per un’oncia di filosofia
ma sono paggi della dea Follia
vorrei cento lingue e cento bocche
per enumerar le loro azioni sciocche:
chi ama non riamato
e rimane intrappolato
in un groviglio inappagante
di un amore devastante
chi crede di ascendere alle angeliche schiere
snocciolando insensate preghiere
chi mangia a dismisura
rischiando una fine prematura
chi si crede incline all’ozio per natura
chi solo del bene comune ha premura
chi ama essere creduto dovizioso
ma anche del pane è bisognoso
chi ama beni accumulare
chi preferisce le ricchezze sperperare
chi il mondo vuol cambiare
chi la tradizione preservare
chi senza che una vera ragione ci sia
lascia tutto e fugge via
Ma costoro come saggi sono additati
E come uomini dabbene rispettati
Della ragione fanno scempio
E della follia sono vivo tempio.
Di essere folle io, invece, mi vanto
E a Morìa innalzo il mio canto.
Sarò testardo come un mulo
Ma alla ragione rivolgo un sonoro vaffanculo
Che, pronunciato con tono perentorio,
Ha enorme potere liberatorio.